mercoledì 13 febbraio 2013

Pillole Gramsciane



È possibile ridurre Gramsci in “pillole”? Certamente no. La complessità del testo gramsciano rende molto difficile una sua riduzione in brevi citazioni o considerazioni. Eppure Gramsci rappresenta  uno degli autori più citati da studiosi di tutto il mondo e, come  è stato recentemente ricordato da G. Carpinelli in questo blog, “è stato a lungo saccheggiato e di lui molti ricordano solo poche formule (l’ottimismo della volontà, l’egemonia, odio gli indifferenti, Oriente e Occidente, il nazionalpopolare e forse qualche altra)”.
Alle citazioni, più o meno appropriate, non sempre però corrisponde una vera conoscenza del pensiero gramsciano. Nella introduzione al I volume della traduzione inglese dell'edizione critica dei Quaderni del carcere per la Columbia University Press, il curatore Joseph Buttigieg cita un passo di una lettera inviatagli da Michel Foucault in cui si definisce Gramsci “un auteur plus souvent cité que réellement connu”.
Non mi è noto il resto della lettera e la citazione isolata potrebbe essere interpretata in più modi. Ma, per quel po’ che so di Foucault, suppongo che il suo intento fosse quello di richiamare a uno studio più attento e minuzioso dell’opera di Gramsci, non limitandosi a brevi citazioni o a riferimenti spesso di seconda mano.
Però…
Però l’opera di Gramsci è di difficile lettura perché – a causa prima delle occasioni specifiche che stimolano le riflessioni del notista politico e successivamente, per quanto riguarda le Lettere o i Quaderni, delle risapute condizioni in cui l’Autore è costretto a documentarsi e a scrivere – si presenta spesso come una collezione di frammenti, di “Note” o “Noterelle” che Gramsci avrebbe voluto riprendere e rielaborare e sistematizzare. Proprio questo “limite” può giustificare l’uso o l’abuso di citazioni isolate dal contesto, poiché lo stesso “contesto” non è sempre chiaramente definito e definibile.
Quanto si vuole realizzare in questa “avventura” – proporre o “riproporre” la lettura di una “pillola gramsciana” settimanale con un breve commento a mo’ di introduzione e di “contestualizzazione” – è proprio indurre a una conoscenza più profonda di alcune parti del testo gramsciano in modo che, riprendendo l’affermazione di Foucault, Gramsci sia non soltanto “citato” ma anche più intimamente “conosciuto”. Tutto questo senza nessuna pretesa di esaustività o di sistematizzazione perché (ecco la prima “pillola”):

“Se si vuole studiare la nascita di una concezione del mondo che dal suo fondatore non è mai stata esposta sistematicamente (e la cui coerenza essenziale è da ricercare non in ogni singolo scritto o serie di scritti ma nell’intiero sviluppo del lavoro intellettuale vario in cui gli elementi della concezione sono impliciti) occorre fare preliminarmente un lavoro filologico minuzioso e condotto col massimo scrupolo di esattezza, di onestà scientifica, di lealtà intellettuale, di assenza di ogni preconcetto ed apriorismo o partito preso. […] La ricerca del leit-motiv, del ritmo del pensiero in isviluppo, deve essere più importante delle singole affermazioni casuali e egli aforismi staccati.
Questo lavoro preliminare rende possibile ogni ulteriore ricerca.” (Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1977, pp. 1840-42).

Gramsci si riferiva a Marx, ma il suggerimento sembra valido anche per la sua opera.
La nota da cui è tratta la citazione si intitola significativamente Quistioni di metodo: è il metodo a cui dovremo attenerci anche nella somministrazione delle nostre “pillole”.

Francesco Scalambrino

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